Uso della corda singola

Da aicwiki.

Dopo averne ampiamente trattato, dovrebbe ormai essere comunemente metabolizzato da tutti i torrentisti il modo in cui va usata la corda per attrezzare una calata. Il concetto della corda “a misura”, cioè con il capo terminale a un metro dalla superficie dell’acqua, è universalmente riconosciuto come l’unico che possa svincolare istantaneamente e in maniera automatica il canyonista dalla corda nel momento in cui arriva in acqua, eliminando una delle principali fonti di pericolo.

Non ci si stancherà mai di ripetere che tante, troppe persone hanno perso la vita perché imprigionate nell’acqua da una corda troppo lunga, dalla quale non sono riuscite a liberarsi. Eppure, capita spesso di vedere frequentatori delle forre lanciare allegramente corde doppie sulle calate, lasciandone vagare nell’acqua diversi metri. E queste corde che galleggiano e roteano nell’acqua sembrano aspettare in agguato i loro proprietari, pronte ad avvinghiarsi intorno a loro.

Ma la corda a misura da sola non basta, perlomeno come tecnica. Il secondo concetto da assimilare è che le corde non devono mai essere installate in maniera fissa, ovvero bloccate senza alcuna possibilità di manovra. Per capirsi, al fine di scendere lungo una verticale non è sufficiente arrivare sulla sosta, fare un’asola sul capo della corda per agganciarla all’anello dell’ancoraggio e quindi iniziare a calarsi. Vi deve essere sempre la possibilità di sbloccare la corda per calare il compagno, qualsiasi cosa sia successa.

Vi sono diversi fattori che entrano in gioco, tra i quali la necessità di gestire eventuali sfregamenti della corda contro la roccia, che in poco tempo lesionerebbero irrimediabilmente la corda stessa facendo precipitare chi vi è appeso. Inoltre, non va dimenticato che spesso la discesa avviene proprio lungo la linea d’acqua, e con portate, anche non necessariamente elevate, vi è sempre la possibilità di un inconveniente che blocchi la persona sotto la cascata, con il rischio di annegamento.

Attenzione, però: non sempre è indicato calare una persona in difficoltà. Si pensi ad un torrentista svenuto, che viene calato in una pozza sotto una cascata con una portata importante, senza che sotto ci sia qualcuno pronto a prenderlo: con buone probabilità, annegherebbe nella vasca di ricezione, bloccato alle gambe e alle braccia da diversi metri di corda.

Si introducono quindi due concetti di gestione della corda apparentemente simili tra loro, ma in realtà applicabili in contesti diversi. Le tecniche di svincolo comprendono tutti i sistemi sbloccabili, il cui scopo è appunto quello di svincolare, cioè liberare la corda per calarla quel tanto che basta a superare una determinata situazione; ad esempio, per calare il compagno bloccato sulla corda o per gestire gli sfregamenti. Quali sistemi di svincolo vengono utilizzati il nodo Mezzobarcaiolo, l’Otto a Battuta e l’Otto su Foro Grande. Le tecniche di calata hanno invece l’obiettivo di far scendere una o più persone, gestendone la discesa direttamente dall’ancoraggio a monte; è il caso dell’attrezzamento di grandi verticali o della calata a grappolo. In questo tipo di calata si usa l’Otto in configurazione veloce installato in verticale sull’ancoraggio, con moschettone di rinvio.

Nel capitolo che segue, sono spiegate le tecniche che deve mettere in atto colui che attrezza la calata, ma anche quelle che dovranno essere attuate dall’ultimo che si cala. Se il primo che scende ha il compito di “esplorare” la calata, regolare la giusta lunghezza della corda e dare le giuste indicazioni ai compagni di squadra che lo seguiranno, all’ultimo spetta il delicato compito di smontare tutto il sistema precedentemente allestito, senza lasciare alcun materiale, e rendere recuperabile la corda dopo che vi è sceso.

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