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Molti di coloro che praticano il torrentismo da un po’ di anni, si ricorderanno di come sia cambiata la tecnica: inizialmente, almeno per chi proveniva dall’ambiente alpinistico, si usava attrezzare la calata lanciando un matassone di corda doppia, come se si doveva tornare a valle dopo aver arrampicato. Poi, a seguito degli incidenti provocati dall’avere diversi metri di corda attorcigliati intorno alle gambe, si era abbandonata la corda doppia per scendere sempre e sistematicamente in corda singola, curando che il capo terminale arrivasse a pelo dell’acqua. La corda doppia era ormai relegata a un uso sporadico, limitato essenzialmente alla discesa su calate asciutte, ma non per la sua presunta pericolosità o inutilità, quanto piuttosto perché il passaparola ufficioso aveva decretato che la tecnica “giusta” era solamente quella della corda singola. In realtà, la corda doppia in forra si usa molto, e a ragione. La presenza di forti sfregamenti deve portare ad un riflesso incondizionato secondo il quale l’attrezzista deve automaticamente abbinare le caratteristiche abrasive della calata all’adozione della corda doppia o ad una corretta gestione degli sfregamenti. Quello che non varia mai rispetto all’uso della corda singola è la capacità di mantenere i capicorda “a misura” e la possibilità di usare un metodo sbloccabile. Vi sono ovviamente delle varianti sulle diverse metodiche di uso della corda doppia, determinate dalla presenza di acqua o meno, dalla necessità di giuntare due corde o dalla possibilità di usarne una sola, e dall’altezza della verticale.
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Uso della corda doppia
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